lunedì 3 gennaio 2011

il moderno e il berlusca.....




L'Unità d'Italia sta per compiere 150 anni.pubblicata da Giuseppe Martini il giorno lunedì 3 gennaio 2011 alle ore 10.28
Qual è il rapporto fra chi comanda e può mandarti a morire, e chi obbedisce e deve andare a morire. L'Italia unita è nata dall'applicazione di questo principio: ogni cittadino dev'essere pronto a morire perché l'Italia sia fatta. Bene, è stata fatta. L'Unità d'Italia sta per compiere 150 anni.

E adesso coloro che ne hanno il maggior beneficio, che hanno industrie università sanità scuola funzionanti, buon export, si rifiutano di celebrare il 150esimo anniversario?

Non si sentono uniti con i fratelli per i quali il progresso è stato minore, vogliono scrollarseli di dosso, imponendo il principio dell'ognun per sé? Quando si trattava di spartire la morte, tutti dovevano accorrere, ora che si tratta di spartire la vita, a ognuno la sua?

Intanto prendiamo atto della realtà: ora come ora, l'Italia è "una" repubblica, unita, e tutti coloro che la governano, in primo luogo i ministri, han giurato sulla sua Costituzione e dunque sulla sua unità. Hanno un solo modo per rifiutarsi di celebrare l'unità: dimettersi dalla carica. Un eletto dal popolo (o nominato dal partito, il che è incostituzionale e la Corte Costituzionale dovrebbe impedirlo, ma finché non lo impedisce così è) non può giurare fedeltà alla Costituzione, e con ciò diventare ministro, e subito dopo fregarsene della Costituzione.

Detto questo, esaminiamo che cosa vuol dire Italia, che cosa Roma, che cosa essere italiano, cioè avere l'Italia per patria. Se io vado a Shanghai e nomino Roma, tutti sanno dov'è. Se nomino Mantova, che un partito ha per decenni scelto come capitale, non la conosce nessuno. Avere Roma come capitale è un privilegio, bisogna meritarselo. Anzitutto con la cultura.

Roma capitale è una montagna di luce che illumina ventisette secoli. È una delle poche "città dello spirito" dell'umanità. Quando morì il Comunismo in Unione Sovietica, la casa editrice Einaudi stampò la "Città di Dio" di Agostino. La "Città di Dio" fu scritta per il saccheggio di Roma del 410: con Roma occupata dai barbari si spegneva la luce del mondo. Per la casa Einaudi, la scomparsa del Comunismo era un'altra luce del mondo, Mosca era una seconda Roma, che si spegneva. Altre Rome guidano l'umanità dopo di allora.

Oggi New York, domani Pechino. Persa la guida politica del mondo, Roma conserva la guida della massima religione sulla Terra, un miliardo e 150 milioni di cattolici battezzati, due miliardi di cristiani. Essere italiano vuol dire ereditare questa storia e portarla avanti.

Ognuno dei 60 milioni di italiani è italiano se lavora in questa direzione. Se uno è arrivato qui da poco, ma lavora paga le tasse rispetta la Costituzione, ha la stessa patria che ho io. Se uno è nato qui secoli fa, ma evade le tasse lavora in nero boicotta la nazione, non merita la cittadinanza. La Storia dell'epoca che attraversiamo crea patrie super-nazionali, non infra-nazionali. La nostra patria di domani sarà l'Europa, non una regione del Nord-Est o la Lombardia o un'isola. Come Europa contiamo qualcosa, come Italia poco, come regione niente.

Celebrare o non celebrare l'Unità d'Italia distingue chi ha o non ha senso della storia Ma chi non ha senso della storia non dovrebbe amministrare la repubblica. Al massimo un condominio.




traduzione al volgo:

Nui simmo nati ‘ncopp’a na montagna

bevimmo quanno chiove e quanno scenne ‘a neve se magna

sunammo ‘e tarantelle quanno ll’aria è scura...

sunammo ‘e tarantelle pe nunn’avè paura

Cagnano ‘e tiempe e cagnano ‘e padruni

sulo ‘int’ e sacche nostre nun ce vene mai ‘a fortuna

sunammo ‘e tarantelle quanno ‘o viento votta

sunammo ‘e tarantelle e chi nunn’e vò abballà se fotte

Brigante Sacco e Brigante Fuoco

vui site comm’a bestie

e comm’a bestie è poco

Dicette Garibaldi “ chesta terra è a vostra”

e nuie c’ammo creduto e c’ammo fatte assai cchiù tuoste

ma mò chi sa cumm’è, ce resta ‘o resto ‘e niente

simmo briganti e guappe, sempre cchiù pezzienti

E sò passate ll’anni e è sempre ‘a stessa canzone

na vota era ‘o Piemonte e n’ata vota era ‘o Burbone

ma pure chiste e mò, overo so fetienti

chi ‘o tene s’o mantene…n’culo a chi nun tene niente.