Il caso Telcom
pubblicata da Il Pasquino il giorno venerdì 9 settembre 2011 alle ore 15.41
Ci sono fatti che in Italia sembrano non avere la stessa importanza della dichiarazione di un politico qualsiasi o della cronaca di una partita di calcio qualsiasi. Eppure sono fatti che colpiscono a volte decine di famiglie…e quindi centinaia di persone.
La scomparsa di grossa parte del tessuto imprenditoriale italiano viene costantemente taciuta…o appena accennata…in piccoli trafiletti.
E’ tipico di quel tipo di informazione che predilige lo “scandalo”, la “notizia” sconvolgente a quella che racconta la vita dei cittadini di questa nazione.
Scompaiono quindi agli occhi di tutti noi le difficoltà, e a volte le vere e proprie disperazioni, di quella gente che si trova ad affrontare quei calvari chiamati prima “cassa integrazione” e poi “mobilità”…che in Italia ha un solo significato: licenziamento.
Dietro questi drammi si nascondono spesso situazioni al limite del fraudolento, aziende che, con la complicità dei sindacati confederali, nelle mille forme permesse da organi che non controllano e da leggi che non servono a nulla, operano veri e propri licenziamenti di massa, che nell’italiano corrente e fuorviante si chiamano: ristrutturazione, riconversione, esubero, vendita di ramo d’azienda…etc…
Succede che ad Ostuni, ad esempio, la Telcom SpA, azienda che si occupa di stampaggio di materiale plastico e che conta 237 dipendenti, decida di liberarsi, anche a fronte di un andamento non certo negativo, di quel nucleo di persone cosiddette “scomode”, coloro che non amano abbassare la testa e che, incredibile a dirsi, vogliono rispettati i propri diritti, quelle più “anziane”, “usurate” dal lavoro…quelle attinte dalle liste degli invalidi civili.
Le mille e più leggi che il nostro parlamento, con il sempre totale accordo dei sindacati, ha prodotto, hanno creato altrettanti strumenti per “eliminare” dai propri organici quelli che poi, sulla carta stampata, diverranno solo numeri o percentuali…nulla di più.
L’azienda in questione utilizza un metodo oramai stranoto, ma che sembra non impressionare più di tanto l’ormai assuefatta stampa, sposta gli “indesiderati” in reparti obsoleti, sul punto di chiudere, e poi, facendo appello alla legge 223/91 e al consueto appoggio dei confederali, passa alla fase successiva di messa in cassa integrazione con lo spettro perenne di una futura…e non lontana…mobilità.
Altra stranota strategia, almeno a chi non fa finta di cadere costantemente dalle nuvole pur facendo da anni il mestiere di sindacalista, (cosa che capita assai spesso ai funzionari provinciali e regionali della triplice…con aggiunta Ugl) è quella di dichiarare un numero di esuberi ben maggiore del reale, proponendo poi, con i dovuti sforzi del “buon” padrone, in questo caso il signor A.Casale, il rientro di un terzo…un quarto del personale per ora lasciato “inattivo”.
Solitamente questo “sforzo” commuove i sindacati che immediatamente firmano tutto…anche l’inverosimile…che dobbiamo fare…sono fatti così…si commuovono per niente !
Ma non sempre accade che i lavoratori accettino supinamente ciò che viene deciso contro il loro parere e sulle loro teste (forse a questo serve l’accordo del 28 giugno tra Confindustria e sindacati…rendere zero la voce di chi lavora) ed allora qualche problma nasce…anche se la stampa a stento ne scrive.
I cassintegrati Telcom, quelli votati al sicuro prossimo licenziamento, denunciano l’irregolarità dell’accordo, denunciano il buono stato dell’azienda, che addirittura è stata costretta a far rientrare quel 1/3 strumentalmente messo nella procedura prima del previsto e a ricorrere a continui straordinari per far fronte alle commesse in arrivo, denunciano l’acquisto, da parte della proprietà, della “Borsci San Marzano” con il relativo salvataggio dei 25 dipendenti della stessa in cassa integrazione.
In poche parole lo stato dell’azienda non è tale da poter prefigurare un licenziamento di ben 37 persone…su 237.
Ma gli appelli dei lavoratori alle sigle sindacali firmatarie cadono nel vuoto…i sindacati difendono…eh si difendono…il licenziamento di 37 unità (quando veniamo cancellati siamo chiamati “unità”).
Per ora poco è servita la solidarietà della Chiesa di Ostuni e la consueta…e direi obsoleta ed inutile…interrogazione parlamentare dell’ On. Pierfelice Zazzera (IDV).
Il movimento dei cassintegrati Telcom però non si ferma e chiede il ricollocamento in azienda e/o nuovo collocamento in aziende del Gruppo Telcom; e/o cassa integrazione a rotazione per tutte le unità dipendenti; e/o contratti di solidarietà; e/o erogazione di fondi da parte della Telcom agli organismi territoriali utili per la creazione di nuove occupazioni riservate alle unità suddette nel tessuto produttivo dell'intero territorio; e/o mobilità volontaria con cospicua liquidazione individuale concordata.
Sapranno gli interlocutori di questi lavoratori cogliere le difficoltà e saper trovare, all’interno delle proposte più che ragionevoli dei cassintegrati, le adeguate e giuste soluzioni?
La logica direbbe di si...la storia del nostro ingiusto paese parla un altro linguaggio.
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