lunedì 4 gennaio 2010

dente rotto .....il cerotto? ....e io intanto vi....... f ***o.!!!


Intanto che stiamo tutti lì a ragionare di statuette che volano, denti rotti, presidenti del consiglio che non possono mangiare la pappa, complotti di destra, complotti di sinistra, chiusure di pagine di facebook e cazzi vari, la macchina inculatrice, che in pochi anni ha trasformato i lavoratori dipendenti in schiavi a cottimo senza nessun diritto, nel silenzio omertoso delle destre, delle sinistre, dei dipietri, dei grilli e dei travagli, continua implacabile la sua opera devastatrice.

Dopo aver distrutto il concetto di contratto a tempo indeterminato, quello di ferie e di diritto al riposo per malattia, tocca eliminare un’ultima fastidiosa opportunità per il lavoratore dipendente che ritenga di aver subito un torto ed intenda ricorrere al giudice per risolvere una controversia di lavoro.
Per capire di cosa vo parlando vi toccherebbe comprare un giornale, sfogliare le dieci, quindici pagine che parlano della statuetta e del cazzone pentito che l’ha lanciata ed arrivare in quella parte del quotidiano dove vengono scritti quei fondi noiosi che non legge nessuno e dove non c’è nemmeno una pubblicità con qualche tetta a rallegrare la rappresentazione.

Oppure potete leggere MenteCritica e seguire un paio di link. Questo, forse, è più facile.




Ne La Repubblica di ieri, quella di carta, c’era un interessante articolo di Luciano Gallino, sul disegno di legge numero 1167(1).

L’articolo di Gallino è leggibile in formato PDF sulla rassegna stampa della Camera dei deputati a questo link. Quando ho scritto questo pezzo, non l’ho trovato su La Repubblica on Line.

Ma cos’è questo dl. n. 1167? Lasciamo la parola a Gallino:

il dl. n. 1167 è un orrendo coacervo di 52 articoli che affrontano le materie più disparate, tra cui l´età pensionabile dei dirigenti medici e il congedo di maternità, i gruppi sportivi delle Forze Armate e l´albo delle imprese artigiane. Però nel bel mezzo del testo compaiono tre articoli, dal 32 al 34, che sembrano concepiti apposta per indebolire ancora la parte che è già costitutivamente la più debole nel rapporto di lavoro – appunto il lavoratore.

Continua la prassi di formulare proposte di legge contenitore che nascondono, come scatole cinesi, provvedimenti fondamentali per la nostra vita ed il nostro lavoro.
Questi articoli “sommersi” del d.l. 1167, in riferimento alle controversie di lavoro, potenziano l’istituto dell’arbitrato a scapito della via giudiziaria. Purtroppo, lo scopo non sembra solo quello di alleggerire il carico dei procedimenti civili, ma anche di indebolire la posizione del lavoratore dipendente in quanto, secondo Gallino

È qui che scatta la trappola del dl. 1167. Esso prevede infatti (art. 33, comma 9) che al momento di sottoscrivere un contratto di lavoro davanti a una delle tante commissioni locali cui è attribuito il compito di certificare se il contratto stesso definisce un´occupazione alle dipendenze oppure un lavoro autonomo (tipo collaboratore a progetto), di durata determinata oppure indeterminata e altre condizioni, il lavoratore deve compiere una scelta drastica. Deve cioè aderire, o rifiutare, un compromesso con il quale s´impegna, nel caso sorgano future controversie di lavoro, a rinunciare al ricorso al giudice a favore di una procedura di arbitrato o di conciliazione.



Secondo voi, quale tipo di scelta opererà il lavoratore quando gli verrà presentato un contratto prestampato standard con il rischio di vedersi saltare l’offerta di lavoro? Secondo me l’arbitrato. Ma se anche ci fosse un lavoratore che decide di correre il rischio ed un imprenditore onesto che accetta la scelta “alternativa” del candidato, le cose stanno male lo stesso. Infatti, sempre secondo Gallino

In ogni caso, la neo occupata o l´ex disoccupato i quali abbiano rifiutato di firmare all’atto dell’assunzione il suddetto compromesso, e volessero correre il rischio, o permettersi il lusso, di adire al giudice del lavoro perché qualcosa non va nel loro contratto, troveranno un giudice che a loro favore, se il disegno di legge in questione diventa legge, potrà fare ben poco. Questo perché al potenziamento dell’arbitrato fa riscontro il depotenziamento del giudice. Difatti l´art. 32 (commi 1 e 2) del disegno stesso statuisce che esso giudice, a fronte di una controversia di lavoro, deve limitarsi unicamente a stabilire se il contratto tra il datore di lavoro e il lavoratore sia stato stipulato in forma legittima o no. La nuova legge gli vieta espressamente di intervenire in merito a valutazioni tecniche, organizzative e produttive.
In tal modo la possibilità per il giudice di esercitare giustizia, e per il lavoratore di ottenerla, è definitivamente mutilata.
Il punto critico al riguardo è che la iniziale legittimità formale di un contratto di lavoro è solamente uno dei tanti aspetti del rapporto che esso istituisce tra il datore e il lavoratore. Dopo un po´, capita di scoprire che le mansioni affidate a quest´ultimo, gli orari che è tenuto a rispettare, i mezzi di produzione che deve utilizzare, le relazioni che deve intrattenere con soggetti terzi nell´espletamento del lavoro, l´organizzazione stessa di questo, configurino come totalmente dipendente un lavoro che il contratto sottoscritto definiva come autonomo; così come può accadere l´esatto contrario. Ma il lavoratore che si ritiene danneggiato non avrà più interesse ad andare dal giudice per denunciare che le condizioni di lavoro effettive sono radicalmente diverse da quelle previste dal contratto iniziale. La nuova legge vieterà infatti all´operatore di giustizia di indagare sui suddetti aspetti sostanziali del rapporto di lavoro.

L’adozione dell’arbitrato in luogo del giudizio, è una vera e propria riduzione dei diritti. L’arbitrato è operato da soggetti autonomi, non vincolati ad alcuna disciplina e potenzialmente soggetti all’azione delle parti in maniera consistentemente più rilevante rispetto alla magistratura. L’istituto si rivolge a parti allo stesso livello sociale e non offre garanzie adeguate quando coinvolge parti con potenzialità differenti.

Ora, sia l´arbitrato che la conciliazione configurano un rapporto sociale ragionevolmente equilibrato allorché i soggetti in conflitto si trovano in una posizione di potere analoga e dispongono di mezzi economici simili. Per contro i due istituti configurano un rapporto decisamente squilibrato se uno dei soggetti, per dire, è un imprenditore che al momento di assumere qualcuno può scegliere tra centinaia o migliaia di candidati, e l´altro è un giovane o un disoccupato che ha un bisogno disperato di trovare un´occupazione.

L’arbitrato non prevede appello e il lodo (la sentenza arbitrale) può essere impugnato solo per nullità, per revocazione o per opposizione di terzo.



E’ legittima la preoccupazione di Gallino? Sinceramente non lo so. Non ho competenze giuridiche sufficienti per esprimere un’opinione pertinente. Fatto sta che l’erosione dei diritti quotidiani degli italiani è un fatto oggettivo indipendente da ogni valutazione accademica. Mi piacerebbe sapere che ne pensa il PD, non credo che basti il fatto che la deputata Ghizzoni pubblichi l’articolo di Gallino sul suo blog senza nessun commento.

Quanti di quelli che leggono queste righe svolgono un lavoro dipendente, ma hanno un contratto a progetto? Quanti possono godere delle ferie e della possibilità di assentarsi per malattia senza vedersi decurtato lo stipendio per i giorni di assenza? Quanti di noi possono votare il proprio deputato per nome e cognome senza essere costretti a mettere una croce sotto un listone compilato in una segreteria di partito? E perché negli anni di governo della sinistra non si è affrontato il problema del lavoro a tempo determinato e della legge elettorale?
La risposta più semplice è che fa comodo a tutti così. Se non è vero, spero che qualcuno mi dia una spiegazione migliore.

Prima di lasciarvi tornare alla gazzarra, voglio citare ancora una volta Gallino che, spero, non se la prenderà troppo per il saccheggio indecoroso del suo articolo.

Mentre si discute placidamente di possibili intese bilaterali per compiere grandi riforme della seconda parte della Costituzione, riguardante l´ordinamento della Repubblica, vi sono articoli fondamentali della parte prima, riguardante i principi, che quasi ogni giorno vengono erosi, elusi, smontati pezzo a pezzo dalla maggioranza a forza di piccole leggi dall’apparenza innocua, incomprensibili o ignote ai più, ma irte di conseguenze sociali di rovinosa portata.

Ok. Ora divertitevi pure con statuetta e Grande Fratello. C’è chi pensa al vostro futuro.